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C’è un video che è diventato virale in queste ore, sta facendo il giro di tutti i gruppi social ed è arrivato più volte anche a noi. Mostra tre minorenni che Venerdì scorso, verso le 20, rubano “per gioco” un furgoncino, Fiat Doblò, poi iniziano una corsa a zig zag  sulla SS 35 da Certosa in direzione Pavia, arrivano fin sulla tangenziale ovest, all’insegna di “osiamo, sfidiamo la sorte”, sfiorano parecchie auto in senso opposto, finchè vanno a schiantarsi veramente contro una BMW che proviene dalla parte opposta e feriscono una 35enne. A quel punto iniziano la fuga a piedi prima dell’arrivo dei soccorritori e delle forze dell’ordine, ma un automobilista (agente fuori servizio) che li aveva già individuati e filmati con il cellulare per la loro guida spericolata, cerca di bloccarli fino all’arrivo della polizia. Nulla da fare, alla fine i tre fuggono dei campi e si dileguano. E la tangenziale rimane paralizzata a lungo. Aldilà del fatto che è la giustizia a fare il suo corso, il fenomeno è particolarmente allarmante perché ancora una volta ci mostra quell’inquietudine adolescenziale che spesso sfocia in questi episodi.  Le cosiddette sfide o challenge social sono sempre più diffuse sul web e suscitano l’interesse di un gran numero di persone, coinvolgendo soprattutto i bambini e gli adolescenti. Con challenge estreme si intendono invece le sfide per compiere atti di “coraggio”, che portano all’autolesionismo, azioni pericolose con tanto di selfie per dimostrare di essere “eroi” ai coetanei. Si è visto di tutto purtroppo on line: ragazzini che si posizionano sui binari dei treni e fuggono all’ultimo istante dalla morte, sfide estreme come saltare dai tetti di un palazzo all’altro, o addirittura stringersi una cintura al collo per resistere il più possibile, in diretta on line con gruppi di “amici” che sanno più di sette che di amici. Insomma, gli istinti suicidi di questi giovani sono un fenomeno sociale sempre più evidente. L’isolamento da Covid ha ulteriormente accentuato questo disagio. Sarebbe ora che le istituzioni mettano in campo psicologi ed esperti di questi fenomeni sociali, per analizzarli, trovare un dialogo con questi giovani e le loro famiglie (se esistono e si prendono cura veramente dei loro figli o non sanno neppure cosa fanno mentre sono al lavoro) e mostrare loro che mettere in gioco la vita è una sconfitta per tutti. E anche noi evitiamo di girarci dall’altra parte, denunciamo questi episodi. Siamo parte della società e non possiamo non capire, senza essere psicologi, che questi comportamenti creano danni peggiori del Covid.