Quest’anno la ricorrenza del trentennale del disastro di Chernobyl ha indotto tutti a rivolgere almeno un pensiero a tutte le persone che hanno molto sofferto a causa di quel triste evento. Il rischio che però si corre sempre nelle celebrazioni/commemorazioni, è che si tratti di un pensiero magari sentito per quel giorno e poi … nulla per il resto dell’anno. Ci sono invece associazioni, medici, privati cittadini che costantemente, volontariamente si dedicano ad alleviare gli effetti di quella enorme disgrazia. Per questo motivo devo ringraziare la Fondazione Soleterre e i Comitati Pavia per Chernobyl che mi hanno offerto la possibilità di dare un senso a questo mio viaggio, al di là della mia passione per la bicicletta, La mia ammirazione quindi è per tutti coloro che si impegnano quotidianamente in quest’opera di sostegno, ciascuno nell’ambito delle proprie capacità e possibilità. Io invece so solo pedalare. E questo faccio.   Posso dire che quest’ultimo viaggio è stato particolare. E’ vero, ogni viaggio è particolare, ha caratteristiche solo sue e lascia ricordi unici. Per questo motivo viaggio sempre in solitaria, il viaggio lo voglio possedere interamente. Stavolta però erano in molti a pedalare idealmente con me e ne sentivo la responsabilità. La solita sensazione di disagio derivata dal pensiero che qualche imprevisto possa impedire un viaggio appena intrapreso, era ora accresciuta da questa nuova situazione, evidenziata anche dall’insolita partenza. Difatti il 25 maggio in piazza del Municipio a Pavia, luogo preannunciato per il via, insieme  ai rappresentanti delle 2 associazioni, ho incontrato molti amici e conoscenti, venuti a salutarmi. Apprezzata la presenza del sindaco Depaoli, che oltre a dare simbolicamente il via azzerando il contachilometri, mi ha accompagnato in bicicletta fino alle porte della città.  Lungo il percorso della Via Francigena gli amici Lella e Claudio  e Renzo mi hanno poi scortato fino a Belgioioso. In alcuni punti il percorso in Italia e Slovenia ha coinciso con quello del viaggio 2014 (ViaSanctiMartini). Diversamente da quella volta sono però riuscito a programmare per tempo alcuni pernottamenti presso ciclisti ospitali e talvolta oratori. Completamente una novità per me l’itinerario in Ungheria e Ucraina. Anche qui in qualche caso sono stato ospitato, ma da un certo punto ho rinunciato alle possibilità successive a causa di  “eccesso di ospitalità”… Mi spiego. Sovente “a causa” della gentilezza e della disponibilità di chi mi accoglieva ero quasi costretto (per non offendere) a ritardare di molto la partenza, con conseguente scombussolamento dei programmi.   Per conto dei Comitati di Pavia per Chernobyl, che ospitano i bambini di quelle zone per i soggiorni terapeutici, ho depositato un messaggio scritto in ucraino e in russo sulla barriera di Chernobyl che ancora delimita la zona vietata. Al sindaco di Ivankiv (centro che amministra il territorio della regione colpita dall’incidente nucleare) ho consegnato il gagliardetto del Comune di Pavia.  Nel raggiungere Kiev avevo poi l’obiettivo simbolico di creare un collegamento fra due realtà che giornalmente combattono per fornire le giuste cure e innalzare i tassi di sopravvivenza dei bambini malati di tumore: il Policlinico San Matteo di Pavia e l’Ospedale di Kiev. Il momento più difficile del mio viaggio in bicicletta? Non ho dubbi, il momento più difficile del  viaggio non è stato in bicicletta. I momenti emotivamente più intensi sono stati l’arrivo e la sosta alla casa-famiglia di Zaporuka/Soleterre a Kiev e poi ancora la visita al reparto di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale di Kiev. In quel contesto il mio viaggio diventava ben poca cosa e le difficoltà che avevo incontrato (quelle che fino a quel momento avevo considerato difficoltà) solo vere banalità». Why?  Quante volte mi è stato chiesto ! Finora la domanda non mi aveva mai sorpreso più di tanto.  Ogni volta davo motivazioni varie ed in effetti ve ne è più di una. Stavolta però, e mi riferisco al tratto in Ucraina, la richiesta più che alle motivazioni aveva il significato di “Ma perchè? Che senso ha?”, dando proprio la percezione di un fatto inusuale per quelle zone. Di fronte ad una domanda così semplice la risposta diventava però difficile. Il rischio sempre quello di sembrare (essere) presuntuoso.