A cura di Diego Vallati

Dal diario del 2005, nord della Spagna:

“Inizia una discesa (Cruz de Herro) molto ripida. Alcuni cartelli avvisano i ciclisti del pericolo. In effetti devo tenere continuamente i freni molto tirati per evitare di prendere troppa velocità. Visto che non è molto tardi e il tempo sembra tenere, sono tentato di affrontare anche la salita del Cebreiro (sic!). Malgrado i freni tirati entro ad una bella velocità nel paesino di Acebo e piombo sul suo acciottolato, sicuramente pittoresco …, ma mi lascia in regalo 2 raggi rotti. La ruota è bloccata. Il meccanico più vicino (si fa per dire) è a Pontferrada, ma oggi è anche domenica. Stacco il freno posteriore e lo lego perché non entri nei raggi e con una ruota scentrata e un solo freno riprendo con precauzione la discesa, che per fortuna è un po’  (ma solo un po’) meno ripida. Lentamente e con la massima attenzione a velocità e buche. Mi fanno male spalla e mano destra, con la quale tengo strettamente il freno tirato al massimo. Speriamo almeno che il freno tenga, certo è una bella prova “anche per lui”. In prossimità di Molinaseca sento in sequenza 4 forti botti, forse esplosioni. C’è qualcosa in paese. Infatti c’è molta gente e c’è la banda che suona. Spingendo Oly (la bici) mi inoltro sul romanico bel Puente de los Pelegrinos e sulla riva opposta vedo 5 enormi padelle con attorno molti cuochi, forse improvvisati, che preparano un’enormità di paella. Sarebbe bello fermarsi, ho anche fame, ma sono un po’ nei guai e devo ripartire. Un signore molto gentile mi spiega che si tratta della festa per bambini e giovani con handicap mentali. A dire il vero usa un termine molto più crudo, che qui però usano tutti, anche i genitori e gli amici, ma con tale semplicità e amore che renderebbero ipocrita ogni altra parola. Capisco che ci tiene che io mi fermi e anch’io ci tengo, ma speriamo che … tenga anche il tempo. Mentre sono sulla riva, in fila davanti al “ristorante” un altro signore mi invita ad aggregarmi alla sua famigliola, moglie, figli ed alcuni amici . Dall’alto del ponte qualcuno chiama insistentemente “Diego!” Eh già, siamo in Spagna. Invece no, mi avvisano che chiamano proprio me. E’ uno dei ciclisti italiani che ho salutato stamattina. “Cosa fai lì sotto ?” “Per essere sincero, sai che non lo so nemmeno io? A 2.000 km da casa, la bicicletta scassata e in attesa di ulteriori guai, se dovesse piovere come ormai sembra probabile!!”  Sono qui a trascorrere alcune ore in compagnia di amici appena acquisiti, sono veramente ospitali e gentili. E sto veramente bene.