Stiamo tutti vivendo una situazione che definire difficile significa usare un eufemismo. Vorrei però tentare di fare un distinguo tra difficoltà reale e difficoltà percepita, esentandomi dal toccare il tema salute che lascio volentieri agli esperti.
Dall’8 Marzo i cittadini italiani (e di tante altre parti del mondo) si sono “fermati”, esclusi naturalmente chi si occupa di salute e servizi. Si sono fermati di produrre, di vendere ed anche di acquistare i prodotti che non rientrano nella sfere delle prime necessità: l’alimentazione, l’igiene, la farmacopea.
Inizialmente la percezione di ciò che stava accadendo non era ancora reale, le disposizioni restrittive erano state prese un po’ come quando in crociera viene simulato uno sbarco forzoso: quasi un divertimento ! Man mano che i giorni passavano e la salute dei cittadini era sempre più a rischio allora la paura, a tratti l’angoscia, si è impadronita dei più, specialmente nei distretti del nostro nord Italia. Dall’angoscia per la salute si è iniziato a percepire quella per l’economia: industrie ferme, artigiani fermi, uffici chiusi, esercizi commerciali chiusi, bar e ristoranti chiusi e pure i luoghi di culto!
Ma può una nazione fermarsi così? Quali saranno le conseguenze?
In qualità di Enologo vorrei soffermarmi su ciò che ora sta succedendo nel mio mondo, o almeno di quella parte che conosco e che ancora vivo.
In Italia la produzione di vino viaggia intorno ai 45 milioni di ettolitri: di questa produzione circa 700.000 sono prodotti in Oltrepò Pavese e circa 250.000 nei Colli Piacentini: il riferimento a questi territori è dovuto al fatto che li vivo fisicamente e professionalmente.
Il consumo in Italia di vino è di circa 21 milioni di ettolitri, il resto, circa 25 milioni, per fare bilancio deve essere esportato.
Ed in questo momento le esportazioni sono ferme …fino a data da destinarsi!
Riguardo al consumo nazionale, le vendite di vino avvengono per circa 60% nella grande distribuzione, il 10% presso le sedi delle aziende produttrici ed il rimanente 30% avviene nei canali Ho.Re.Ca. (bar, alberghi, ristoranti, pizzerie, pubblici esercizi).
La Grande Distribuzione è, in questo momento, l’unico canale che sta funzionando, in alcune catene le vendite di vino sono addirittura in aumento ma riguardano prodotti di primo prezzo o comunque di fascia medio bassa, le vendite degli spumanti e delle etichette di prestigio sono in fase di preoccupante flessione. Le vendite presso le case di produzione sono ferme per i motivi che ben sappiamo e lo stesso dicasi riguardo al canale Ho.Re.Ca..
A proposito di quest’ultimo vorrei fare alcune considerazioni.
La chiusura degli esercizi sta letteralmente “massacrando”, dal punto di vista economico, gli operatori. Molti di loro, mi riferisco soprattutto a titolari di bar e ristoranti, operavano applicando i criteri dell’economia giornaliera: l’incasso permetteva di pagare fornitori e dipendenti oltre all’affitto per i locali, le tasse, eccetera. Mancando l’incasso, dove troveranno i soldi per far fronte ai debiti? Si sta purtroppo percependo che molti di loro non apriranno più o, si presume, lasceranno fallire la società titolare dell’esercizio per riaprire magari con un’altra neo società costituita. ma a questo punto chi pagherà i fornitori? Probabilmente questi ultimi dovranno portare a perdita molti crediti diventati inesigibili.
Si salveranno gli esercizi storici finanziariamente solidi i cui titolari dispongono di fondi accantonati che permetteranno loro di superare il periodo di crisi ma, comunque, il lavoro non sarà più quello di prima anche per effetto delle restrizioni che le autorità statali imporranno.
Tutto ciò premesso, veniamo ai problemi dei produttori di uva e vini.
Fortunatamente le due vendemmie 2018 e 2019 sono state piuttosto scarse ma, anche se è ancora molto presto per fare previsioni, quella del 2020 si sta presentando sotto buoni auspici riguardo alla quantità, in quanto “la cacciata” dei grappolini sui giovani germogli sembra molto buona.
Le vendite, letteralmente crollate in questi ultimi due mesi, riprenderanno lentamente ma quanto perso non verrà più recuperato. In più le aziende dovranno fare i conti con i crediti che vantano verso la clientela, buona parte dei quali non saranno più esigibili per effetto della “moria” di molti esercizi, molti dei quali già pagavano malissimo ed ora non pagheranno più del tutto, avendo la giustificazione per farlo!
Il rischio di assistere alle problematiche finanziarie da parte di molte aziende produttive è quindi di estrema attualità e la speranza è che le autorità regionali, statali e continentali mettano a disposizione fondi destinati alla sopravvivenza di dette aziende: probabilmente assisteremo certamente a cessioni, accorpamenti e nei casi gravi anche a chiusure. Chi, in questi ultimi anni si è improvvisato imprenditore senza disporre dei necessari mezzi di copertura finanziaria, difficilmente sopravviverà !
Riguardo all’Oltrepò Pavese, le problematiche attuali si sommano a quelle già gravi per effetto degli scandali verificatisi nel territorio in questi ultimi tempi. Già sono state accennate iniziative tese a salvaguardare il reddito (o almeno parte di esso) dei viticoltori, tipo vendemmia verde, distillazione del vino eccedente i consumi: iniziative già note nella loro sostanza!
Quello di cui i produttori devono diventare consci è che essi non possono produrre per distruggere o produrre per creare benefici finalizzate ad alimentare operatori del settore senza scupoli, come già avvenuto in passato.
Produrre ciò che il vigneto offre senza forzature né agronomiche né tantomeno cartacee deve rappresentare il vademecum del Viticoltore.
Visto che con ogni probabilità assisteremo ad un crollo del prezzo dei vini sfusi, specie in certe zone d’Italia, sarebbe molto grave distruggere in parte la produzione nostrana al fine di intascare i contributi, per poi andare ad acquistare vini a basso prezzo da spacciare come vini locali: questo sarebbe veramente demenziale!! Nel 2020 in Oltrepò Pavese non dovrebbe entrare neanche un litro di vino proveniente da altri territori !! Le autorità locali, gli enti preposti al controllo dovranno impegnarsi affinchè ciò non avvenga ma soprattutto alle aziende produttrici è richiesta l’applicazione di principi produttivi finalizzati alla coerenza ed al giusto autocontrollo.
Trattandosi però che il mondo non finirà nel 2020 e, alzando lo sguardo al 2021 ed agli anni che seguiranno, vorrei concludere queste note con una considerazione ottimistica: dai periodi difficili l’umanità è uscita più forte. La ripartenza è sì un momento difficile e a volte drammatico ma anche stimolante.
Con riferimento ai soli ed esclusivi aspetti economici, va considerato che gli avvenimenti drammatici (le guerre che a partire dalla mia generazione abbiamo avuta la fortuna di non patire) portano alla selezione …come una grande purga che elimina ciò che non è più attuale e al passo con i tempi.
Il riferimento riguarda gli esercizi commerciali con scarsa predisposizione al pagamento dei fornitori, vuoi per incapacità ed anche per disonestà, ed anche alle aziende produttive inadeguate ad affrontare strategicamente i nuovi mercati con prodotti adeguati alle esigenze dei consumatori ed un nuovo modo di impostare i piani di marketing.
Assisteremo quindi ad una grande evoluzione, che vedrà protagoniste aziende più forti con le carte in regola per dar corso ad un nuovo ed importante ciclo economico …che comunque arriverà !
Guerrino Saviotti
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