Charlie-hebdo-foto[1]Un anno di paura e di minacce, Parigi come i paesi in guerra ha leggi e comandanti in capo che neanche riescono  a correggere la rotta di quei drammatici giorni, c’è una sensazione che la libertè non sia diffusa né nei confini dei paesi guidati dalla sinistra, né dalla destra, in primis quelli del ex-blocco sovietico, e poi gli altri in ordine sparso sull’immigrazione e su Shengen.  Un anno dopo la redazione di Charlie Hebdo non è più al 10 di rue Nicolas-Appert ma in un luogo misterioso dall’altra parte della città, il “bunker” lo chiamano i giornalisti del settimanale satirico. Nell’edicola, il nuovo numero di Charlie: c’è dio in copertina, con la barba lunga e, anche lui, un kalashnikov sulle spalle. Sopra c’è scritto: «L’assassino è ancora in giro». Molte le polemiche su quest’ennesima scelta controcorrente, mentre nelle edicole le file interminabili per comprarlo non ci sono più: non come un anno fa, quando tutta la Francia divenne Charlie. l’Odio è stato consumato ma la sua coppa è ancora in circolazione e le nostre liturgie contro la religione non hanno educato alla laicità, mentre senza Dio nemmeno i religiosi più sinceri potranno più vivere in Medio Oriente e nel mondo da liberi pensatori e generatori di speranza. I cristiani in Medio Oriente sono passati dal 14% al 3%, con nessuna speranza di fermare il flusso migratorio e convenire ad una pacificazione ordinata tra sciiti e sunniti come è stato per 1800 anni dai cristiani nestoriani a Mosul. Mi domando se abbiamo perso la speranza e il coraggio delle nostre idee, se abbiamo rinunciato consapevoli ai nostri diritti, rinunciando anche alle nostre radici. Ho solo voglia di piangere i giornalisti, le donne di Colonia aggredite sessualmente, i babbuini morti da Lampedusa all’Egeo. Continuiamo a non ascoltare il grido di ribellione all’indifferenza che Papa Francesco ci ha donato e che è stato il simbolo del messaggio della Pace 2016, annunciato a giugno in Serbia ancora ferita da una guerra fratricida. per i tanti amici e anche che credono nella libertà, nella fraternità e nella uguaglianza solidale, di impegnarsi a togliere il veleno dalle nostre credenze, giustificate da una educazione che pensa di fare a meno di Dio, sono più pericolose di tante teorie perché non genera il senso dell’alterità e spegne il senso di responsabilità verso gli altri. i limiti dell’Homo religioso sono necessari per progettare un cammino di discernimento e di crescita, siamo umani e deboli, ma ormai il terrorismo è nelle mani di ideologi che siedono sulle stesse panche di chi guida le sorti dell’economia mondiale: i prezzi delle materie prime, i paradisi artificiali, e le elezioni politiche. Anche le campagne di fango verso protagonisti della cosa pubblica onesti come il sindaco appena eletto in Messico, o Piersanti Mattarella, Moro, fino a Gandi e Oscar Romero, sono stati consacrati sull’altare di un profitto malvagio e contro l’uomo e le sue fondate ragioni di credere.Ho scritto dopo un anno perché sono un giornalista, un uomo pensante e un innamorato della vita e della pace. ma da oggi lo sono ancora di più di quelle vittime e sono ancora più spinto a diffondere una speranza che nessuna ideologia o impossibilità di credere può attutire. Siamo nati per amare e viviamo per amare, non possiamo tollerare questo odio, nessuno può “toccare” una donna disprezzandola o umiliare un bambino togliendogli la patria e il diritto di vivere con i suoi. Abbiamo bisogno di ritornare a credere senza manipolare o disprezzare gli altri. Solo nel rispetto e nella continua conoscenza reciproca e nella vita aperta all’assoluto dove ognuno di noi non giudica la vita dell’altro (nemmeno con la satira) o la macchia con le sue concupiscenze, ma la rispetta perché il primo comandamento per tutti è: “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”.