La Procura della Repubblica di Pavia, nell’ambito dell’inchiesta che vede indagati i vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e di Diasorin ha disposto l’esecuzione di diverse perquisizioni domiciliari e locali nei confronti di diversi soggetti indagati per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato. Sono in corso sequestri di documentazione e di computer da parte dei militari, sia presso il policlinico pavese, sia presso i laboratori della società piemontese che opera nel settore delle biotecnologie. In pratica, secondo la Procura Diasorin sarebbe “stata favorita a discapito di altre potenziali concorrenti trasferendo ad essa tutti i risultati delle attività di ricerca e sperimentazione effettuate dalla Fondazione Irccs San Matteo di Pavia nel settore dei test sierologici per la diagnosi di infezione di Covid-19”. Ulteriori accertamenti sono in corso per chiarire i rapporti economico-commerciali esistenti tra Diasorin, Fondazione Istituto Insubrico di Ricerca per la Vita e la società Servire S.r.l. tutte operanti presso l’Insubrias Biopark di Gerenzano (Varese). Tra gli indagati figurano i vertici della Fondazione IRCCS San Matteo: Presidente del San Matteo, Alessandro Venturi, il Direttore Generale, Carlo Nicora, ed il Direttore Scientifico della Fondazione Irccs San Matteo di Pavia, il Responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare, prof. Fausto Baldanti, nonché l’Amministratore Delegato della società biotecnologica piemontese Diasorin S.p.a..
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal pm Paolo Mazza, sono partite a seguito di una denuncia presentata da una società concorrente, la Technogenetics, sul rapporto di collaborazione tra la Diasorin e il San Matteo, per la messa a punto dei test sierologici e molecolari per la diagnosi da Covid-19, allo scopo di ottenere la marcatura Ce. Un accordo stipulato senza alcuna gara, che per gli investigatori avrebbe di fatto avvantaggiato l’impresa piemontese. Il San Matteo avrebbe quindi concesso alla sola Diasorin di formulare il test, poi acquistato dalla Regione in 500 mila pezzi. Sulla vicenda si sono già espressi il Tar – che aveva bocciato l’accordo tra San Matteo e Diasorin – e il consiglio di Stato, che lo aveva poi abilitato nuovamente chiedendo però che venissero eseguite ulteriori indagini sul rapporto tra l’azienda privata e l’ospedale pubblico.

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