I Vergottini hanno sconvolto il mondo. Nel negozio all’avanguardia, arredato con mobili di Cassina come un salotto, hanno appiattito in un baleno le cotonature spumeggianti anni Sessanta a colpi di forbici e soprattutto di rasoio. Fin da subito, quando una testa era lavata e sciacquata con l’acqua che aveva sedimentato in brocche di rame (secondo loro il getto del rubinetto era troppo aggressivo), zic-zac scolpivano tagli geometrici spesso asimmetrici, che andavano rifiniti da una perfetta sfumatura a forma di V, affidata sempre all’esperienza dello zio Angelo che per anni, sulle navi, aveva rasato la nuca ai marinai. Il negozio dei Vergottini ha aperto a Milano nel 1962. Io avevo 10 anni. Me lo ricordo benissimo, ci andava mia madre. Tre anni dopo, quando mio zio ha inventato “la Valentina dei fumetti” ha cominciato a andarci anche mia zia. Si facevano il caschetto, lo stesso caschetto di Louise Brooks, lo stesso che mio padre Franco, allora direttore artistico della casa discografica CGD, aveva creato insieme a Celeste Vergottini, detto Cele, per Caterina Caselli. Lo stesso che poi si sono messe in testa anche la Raffa nazionale, Inge Feltrinelli, Natalia Aspesi, Rita Pavone, Franca Valeri e anch’io insieme alla Valentina di carta. Mi ricordo Lina, sorella di Cele e di Bruno (il bello) con la schiena curva per il troppo pettinare, che raccontava come faceva suonare le chiavi contro le cancellate, per tenersi sveglia quando, da bambina, i genitori la mandavano a tirare su la saracinesca del negozio di Bergamo all’alba. Mi ricordo la cugina Marisa e la sorella Nerina, una bellezza assoluta. Il taglio “alla Vergottini” ha avuto un successo strepitoso da subito perché era facile da lavare a casa, niente bigodini, solo un colpo di spazzola, grossa, piccola, media, piccolissima per frange bombate o piatte.

Luisa Dosseni