Un lungo applauso accompagnato dal lancio dei palloncini in cielo, mentre usciva la bara ricoperta da fiori bianchi. E prima ancora una omelia soffocata dalle lacrime del vescovo, Mons. Vittorio Viola. In Duomo e in una piazza a Voghera gremita ma con le dovute distanze, per seguire la cerimonia diffusa dagli altoparlanti sul sagrato, si sono uniti in tanti nella preghiera e nel ricordo commosso di Giacomo Jon, la vittima più giovane da coronavirus in città e in provincia di Pavia. Non ce l’ha fatta il 24enne, dopo due mesi di sofferenze in un letto dell’Ospedale Sacco di Milano, a sconfiggere quel maledetto virus che aveva colpito così duramente in Duomo prima di lui Don Enrico Bernuzzi (il sacerdote 46enne di cui Giacomo era stretto collaboratore) e il sacrista Roberto Corrada, 71enne, insieme ad altri fedeli. Dopo la laurea in Scienze Teologiche, Giacomo attualmente insegnava religione nelle scuole dell’istituto comprensivo della Valle Versa. Tanti suoi studenti ma anche amici di Grest e compagni di tante avventure in oratorio: nessuno ha voluto mancare per stringersi “virtualmente” ai genitori e ai parenti più stretti, a partire dal Vescovo della Diocesi, Mons. Vittorio Viola, che visibilmente commosso, di fronte alle autorità cittadine, ha ricordato il sacrificio di Giacomo e di Don Enrico, sempre pronti ad aiutare il prossimo, anche nel periodo più critico della pandemia che a Voghera ha lasciato pesanti strascichi. “Noi siamo qui Signore per farci consolare da te, dalla tua parola, perché in questi giorni troppe volte facciamo esperienza di come le nostre parole di muoiano ancora – ha detto il Vescovo -. Sentiamo che queste parole sono fragili, che non hanno forza le nostre parole. Di fronte alla morte siamo sempre impreparati, soprattutto quando arriva così nel pieno della vita. Tu conosci la fatica di tutti noi, di questa comunità, dei ragazzi dell’oratorio, di papà e mamma, dei nonni, di tutti gli amici, della scuola dove Giacomo insegnava e si è fatto così amare. Tu senti che ancora di più facciamo fatica. Noi abbiamo bisogno di te, di questa parola, siamo impreparati di fronte alla morte, nonostante sia l’unica cosa certa nella nostra vita. In fondo il nostro cuore non si può rassegnare alla morte, perché tu ci hai chiamato all’esistenza e ci vuoi eternamente vivi”. La morte di “Giacomino”, come era soprannominato nonostante la sua stazza, è un duro colpo alla città di Voghera, che ora si stringe attorno ai genitori, come ci stringiamo noi nel silenzio e nella preghiera, evitando inutili polemiche su come sono andate le cose, per le tante cure arrivate con troppo ritardo, prima che si liberassero posti in ospedale per curare persone a casa da giorni con la febbre alta. Sarà la magistratura a fare piena luce su tutte queste morti. Noi possiamo solo ricominciare una “nuova” normalità stando accanto a chi soffre, a chi ha necessità di un pasto caldo e di cure e assistenza, a chi ha perso un lavoro, a chi ha perso gli affetti più cari. (tutte le notizie sul sito diegobianchinews.it @copyright)

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